Il Mº Shirai non ha mai fatto un corso specifico di combattimento, mentre invece faceva periodicamente corsi monotematici di kata. Per fortuna Rosario Capuana pensò bene di organizzarlo, e sul suo esempio anch’io, quando a Milano fondai il mio Club nel 1973, non persi tempo a metterlo in piedi appena ne ebbi la possibilità.
Ho sempre trovato eccitante il corso di combattimento: il prerequisito è avere una decina di ragazzi/e appassionati, disposti a non lamentarsi per qualche pestone.
Naturalmente per avere questi atleti bisogna partire dal basso, e permettere che assaporino e apprezzino la materia già durante l’attività di principianti.
Nel corso di combattimento non si parla solo di tecnica, tattica e strategia, ma di limiti personali, di aspetti del carattere da migliorare (ansie, paure, equilibrio mentale, forza interiore, autostima, motivazioni…).
L’insegnamento principale che si riceve, è la capacità di affrontare la realtà, perché il combattimento è una rappresentazione virtuale delle difficoltà della vita.
Naturalmente l’abilità di combattere deve crescere di pari passo con valori come rispetto, lealtà, equilibrio interiore, altrimenti si potrebbe sconfinare nella violenza.
Il combattimento è in equilibrato contrasto con la stabile forza del kata, col quale si fonde e trova appoggio, anche se il kata applicato è un combattimento più evoluto, più fantasioso, storico, nel quale troviamo una sintesi di tutte le arti marziali: tanta roba.
Ma il kumitè, più di ogni discorso, tecnica o bunkai, ci mette di fronte ai nostri limiti, costringe ad affrontare le proprie debolezze, obbliga a un lavoro interiore di grande spessore: immerge in un vero e proprio rapporto con lo spirito del Bushido (Via del Guerriero).
Questo Spirito Guerriero non va esercitato solo verso l’esterno, ma soprattutto verso l’interno, per vincere i nemici interiori come pigrizia, paura, nervosismo, gli eccessi…
Il combattimento, senza giri di parole va dritto al dunque: insegna che l’uomo costruisce il suo avvenire con il proprio modo di pensare e di agire. Quindi nel kumitè l’addestramento della mente è prioritario: tutto nasce da un pensiero, una decisione, un’azione.
Dice un’antica poesia yogica: se semini un pensiero, raccogli un’azione, se semini un’azione, raccogli un’abitudine, se semini un’abitudine, raccogli un carattere, se semini un carattere, raccogli un destino.
Il corso di kumitè è anche un vero e proprio corso istruttori: si entra infatti talmente a fondo nello spirito della disciplina che dopo qualche anno si acquisiscono in automatico tutte le capacità tecniche e psicologiche idonee all’insegnamento.
Programma semplificato di un corso di kumitè:
Volume 1- aspetto preliminare.
Nelle scuole tradizionali, si insegnano i fondamentali (kihon) e su quella base si costruiscono le tecniche di kumitè, ma quei kihon sono propedeutici ai kata. É quindi necessario introdurre una serie di kihon dedicati al combattimento.
Volume 2 – attacco.
Nulla avviene se non c’è una fase d’iniziativa; perciò una volta appresi anche solo pochi colpi, è indispensabile il lavoro di coppia in forma semplice, per iniziare a studiare la distanza, valutare il timing, e imparare a creare opportunità d’attacco, “sen”.
Volume 3 – difesa, tre tipi.
Senza difesa non c’è combattimento, l’alternativa è la fuga. Le possibilità di difesa sono 3: a) incontro (tecnica contemporanea, un tempo, “tai no sen”), b) rimessa (parata e contrattacco, due tempi, “go no sen”), c) anticipo (colpire anticipando il pensiero d’attacco dell’avversario, senza tempo, “sen no sen”).
Volume 4 – atteggiamento/gestione del territorio.
In un momento più evoluto del percorso si ragiona in termini di atteggiamento combattivo. Esso indirizza la gestione del territorio con lo scopo di combattere in posizione favorevole, esercitare una pressione sulla distanza per aumentare le probabilità di successo, oppure di sfruttare il tatami per gestire con larghezza di spazio ritirate strategiche.
Volume 5 – disciplina interna.
Gli allenamenti sono obbligatori, con un minimo di ore richieste. Per gli agonisti le gare sono obbligatorie. Ognuno deve possedere la propria attrezzatura. Comportamento impeccabile alle gare, anche per i genitori, nella consapevolezza che ognuno rappresenta tutta la scuola. Alla famiglia si chiede di aiutare la programmazione del tempo studio-palestra e un supporto nei periodici momenti di crisi dialogando coi maestri.
Volume – 6 preparazione atletica.
Nel kumitè olimpico la preparazione atletica è indispensabile: un kumitè molto atletico e dispendioso necessita basi di resistenza professionale. Nel kumitè “tradizionale” o dilettantistico sono più importanti gli aspetti spirituali rispetto agli atletici, anche in considerazione dei regolamenti di gara.
Volume 7 – regolamento.
Il regolamento arbitrale indirizza il tecnico e gli atleti verso uno stile di kumitè o un altro. Nelle varie organizzazioni, la diversa valutazione nell’assegnazione dei colpi, ad esempio il contatto/controllo, o l’assetto (zanshin), o l’uso delle protezioni, determina il programma di allenamento. Salvo lavorare senza nulla raccogliere.
Volume 8 – esperienza.
Per valorizzare il patrimonio acquisito in anni di allenamento, è necessario programmare la partecipazione a ogni gara del proprio circuito, o anche oltre. Il risultato si chiama esperienza: una qualità unica, personale e indelebile, utile a guadagnare la patente di esperto di combattimento, e ad affrontare con maggior consapevolezza i bunkai dei kata e le situazioni della vita.
Carlo Pedrazzini