Milano, Parigi, Londra, Tokyo, New York, Johannesburg, Buenos Aires, Pechino, Mosca, Sydney, New Delhi, Cairo… mondo intero.
Un pomeriggio di primavera, di un anno qualsiasi, in una palestra di karate, in una classe di bambini/ragazzi.
<seiza… mokuso… mokuso yamè… sensei ni rei… otagai ni rei…>
“Care bambine e bambini, ragazze e ragazzi, voi non siete persone normali… siete speciali! Siete persone speciali!
Perché fate karate! Perché l’intenso addestramento del karate vi rende veloci e forti. Capaci di difendervi!
Qui non giochiamo con la palla, non utilizziamo videogiochi e neanche leggeremo un buon libro…
Qui imparate a combattere. E il combattimento, in ultima analisi, è una lotta per la sopravvivenza: chi vince vive, chi perde muore!
Qui si imparano tecniche per difendersi e per difendere. E attaccare, se necessario. Tecniche che potrebbero far male…, per questo abbiamo una grande responsabilità: dobbiamo sapere come usare la nostra forza.
Ne consegue che oltre all’addestramento dobbiamo far nostri di principi come: lealtà, rispetto, attenzione, impegno, disciplina, capacità decisionale, …
Questi valori devono crescere in noi di pari passo con nostre abilità, perché forse, un domani, queste abilità andranno usate per uno scopo, ma uno scopo nobile, non inquinato da un animo grezzo o per alimentare il bullismo.
Anzi, opporsi al bullismo a scuola proteggendo i più deboli è un modo nobile di usare le vostre capacità, la vostra forza, ciò che state imparando.
Uscendo dai ristretti confini della scuola e allargando un po’ lo sguardo verso il mondo, sapete quanto spesso il genere femminile viene maltrattato? Al confronto il bullismo fa ridere!
Le donne possono essere superiori agli uomini per tantissimi aspetti: sensibilità, dignità, volontà, attenzione, intuito, impegno… tanto quanto i maschi possono essere rozzi, sleali, irrispettosi, ego-riferiti, e soprattutto violenti…
Ma è un fatto che le donne sono più deboli in termini di forza fisica e per questo pagano un prezzo altissimo, fin dai primordi dell’esistenza degli umani sulla Terra, in termini di soprusi, violenze, abusi, femminicidi…
I maschi che praticano arti marziali, qualsiasi arte marziale, grazie ai valori che vogliamo far nostri, hanno una grande responsabilità: le FEMMINE NON VANNO PICCHIATE, MA DIFESE!
E quando si dice difese… non solo a parole: anche a costo di rimetterci i connotati.
I princìpi che ci muovono sono lealtà, rispetto e senso di protezione verso l’altra metà del cielo… e la nobiltà d’animo si trasformerà in coraggio!
Non è vero che la nostra società ha perso questi valori: voi ne siete un esempio vivente, e dovete coltivarli come dei nuovi Cavalieri e Gentiluomini.
<Maestro, ma allora come facciamo a combattere se non possiamo colpire le femmine?>
Noi maschi siamo più grandi e grossi, perciò più forti, e abbiamo una responsabilità nell’uso di quella forza. Nel kumitè le ragazze devono impegnarsi al massimo, perché solo così impareranno veramente a difendersi, e i maschi devono combattere al meglio delle loro capacità, ma ponendo molta attenzione al controllo dei colpi.
Adesso in piedi! … Al posto! … YOI!..”
Aggiungo un argomento di riflessione rivolto agli insegnanti:
le arti marziali sono tendenzialmente maschili, e quest’aspetto va tenuto presente nell’insegnamento, considerando che il genere maschile e il genere femminile sono due universi distinti.
Conscio delle differenze fisiche, psicologiche, educative dei due generi, l’insegnante, nella correzione individuale, verso le ragazze avrà un tono di voce più amorevole e gentile, mentre con i ragazzi il tono potrà essere più perentorio.
Ai maschi deve passare il messaggio dell’importanza di avere maggior rispetto verso l’altro genere, il che non significa trattenersi negli allenamenti, bensì mantenere l’attenzione sui rapporti di forza.
Inoltre, per creare una signorile abitudine, al saluto finale il bambino/ragazzo darà sempre la precedenza alle bambine/ragazze all’uscita dal tatami verso lo spogliatoio: Cavaliere e Gentiluomo.
Carlo Pedrazzini