C’e una grande bellezza nell’universo.
C’è una Grande Bellezza in un gesto Perfetto.
E nell’Armonia di un movimento complesso.
L’armonia e la bellezza sono un valore: catalizzano l’attenzione, regalano emozioni, offrono gioia agli occhi e all’anima.
Rimaniamo estasiati di fronte a un tramonto incantato, una barriera corallina, un cielo stellato, un fiore di ciliegi a maggio, un cavallo che corre libero nella prateria…
Siamo senza parole davanti al David di Donatello o alla Notte Stellata di Van Gogh.
Chi non è conquistato di fronte alla semplice bellezza di ogni bambino, bella donna o uomo?
Le vibrazioni di Nessun Dorma nel do di petto di Pavarotti, l’interpretazione di Bohemian Rhapsody di Freddie Mercury, l’esplosiva armonia di Nureyev o Roberto Bolle, la straripante bravura di Katelyn Ohashi nella ginnastica a corpo libero, L’infinito di Giacomo Leopardi…
Capolavori di armonia.
Anche noi artisti marziali dovremmo aspirare alla Grande Bellezza, anzi dobbiamo.
Specialmente nel kata, l’obiettivo è sempre uno e uno solo: tendere all’armonia, sentirsi in armonia. L’armonia è bellezza e la bellezza è armonia, e insieme sono anche forza, perché non è solo l’aspetto coordinativo che conta, nel karate anche un gesto veloce è armonia, il kimè è armonia. Insieme: coordinazione, velocità, kimè, ritmo, eleganza fanno la Grande Bellezza.
Per raggiungere la Grande Bellezza bisogna esercitarsi per anni, tecnicamente bisogna partire dal principio che il corpo, pur diviso in segmenti, è un unico strumento che va suonato all’unisono.
Ad esempio, una parata non è solo il movimento di un braccio, perché all’azione deve partecipare anche il resto del corpo: l’altro braccio, il bacino, le gambe, le piante dei piedi, lo sguardo, la postura, l’intenzione. Ogni muscolo del corpo partecipa all’azione in armonia con gli altri muscoli, nella consapevolezza di fare un combattimento; il respiro è in simbiosi con l’azione; velocità e lentezza con l’uso della forza (kimè), e insieme determinano il ritmo.
Per comprendere bene una forma, si affronta da vari punti di vista: la tecnica, la respirazione, la forza, il ritmo, l’estetica, la plasticità e il sentimento. Attraverso i suoi movimenti, conseguiamo l’armonizzazione del corpo, della mente e del respiro. La ripetizione continuata dei kata insegna alla mente e al corpo a essere uno: una meditazione in movimento.
Ci sono quattro livelli di pratica dei kata: tecnico, interiore, energetico, spirituale.
- Livello tecnico: quando ci si concentra solo sui movimenti fisici, nel tentativo di ottenere una perfetta pulizia tecnica.
- Livello interiore: dopo aver assimilato tecniche e sequenze, si eleva la concentrazione al piano psichico, meditando sull’intenzione e allenando la presenza mentale.
- Livello energetico: una volta armonizzata l’azione e l’intenzione, inseriamo la forza energetica del corpo attraverso un uso completo di tutta la nostra sagoma.
- Livello spirituale: compresa la forza e l’abilità che si esprimono, si trascende il piano energetico, prendendo coscienza che soltanto i sensi materiali sono impegnati, ma che non si ha un legame con queste azioni, la sensazione è di praticare il kata da osservatore e non da autore.
Dunque molto diverso da ciò che si vede ai campionati internazionali, dove alcune atlete e atleti, come robot, difficilmente esprimono sentimenti. E poi: errori tecnici mascherati dalla velocità, passaggi semplificati, movimenti spigolosi, eleganza discutibile, rumori gutturali sgradevoli, ritmo incomprensibile, mimiche da film muto, atteggiamento militaresco.
È il sacrificio della Grande Bellezza sull’altare del podio, quando proprio la Grande Bellezza potrebbe portare i meritevoli sul gradino più alto.
Con carattere, i tecnici dovrebbero trovare il coraggio di proporre kata che non siano fatti con lo stampino, ma abbiano personalità, e, più importante, esprimano la Grande Bellezza, la cui prova del nove è lasciare estasiato lo spettatore suscitando emozioni… O magari strappando una lacrima.
Carlo Pedrazzini